Passa ai contenuti principali

Cancellare i debiti e tornare a vivere


Non è molto diffusa in Italia la conoscenza sulle leggi esistenti che tutelano coloro che si trovano in uno stato in cui il proprio patrimonio personale non è sufficiente a far fronte ai propri debiti, ovvero in uno stato che si puo' definire di "sovraindebitamento".

Si tratta di debiti verso società finanziarie per prestiti personali, mutui stipulati con banche ed istituti finanziari, ma anche debiti verso l'Agenzia delle Entrate o l'INPS o enti locali come Comune, Regione, per tasse, contributi e tributi in genere.

La prima legge in materia risale al 2012 ma di recente, nel mese di luglio 2022, è entrato in vigore un insieme di leggi in materia di crisi da insolvenza , sia di impresa che personale di persone fisiche, conosciuto come Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (D.Lgs.14/2019).

Un intervento organico che non ha del tutto spazzato via però la legge del 2012; un intervento però importantissimo, che ha innovato e, forse, migliorato, tutto l'impianto normativo in materia.

Che finalità hanno queste leggi, applicate anche in quasi tutta Europa da molti piu' anni?

Principalmente ad una cosa: cancellare i propri debiti e ricominciare a vivere con maggiore serenità, ritornando a consumare.

Tornare ad essere considerati affidabili dal sistema socio economico, insomma, anche creditizio, in definitiva a rinascere socialmente.

Ma chi ha diritto ha tutto questo?

Chiunque?

No, qui sta la professionalità di chi vi parla di esdebitazione.

Non credete a tutto quello che promettono tante società di servizi sorte cone funghi, qua e la in Italia.

Solo se la nascita della situazione personale d'insolvenza ha, in qualche modo, anche non del tutto, cause esogene ad un vita ordinaria posso pensare di valutare l'opportunità

Intendo dire, ad esempio, un evento che ha portato ad avere minori entrate finanziarie al nucleo famigliare.

Un decesso? Un divorzio? Un infortunio grave? 

Oppure una attività lavorativa autonoma crollata per eventi naturali o cause indipendenti esterne contingenti.

Un'alluvione? Un'epidemia come quella del COVID-19?

Ecco in questi casi è possibile valutare se vale davvero la pena di investire i pochi soldi rimasti e ricorrere al Tribunale per farsi cancellare i debiti.

Perchè di ricorso si parla: le procedure vanno impostate in primis facendo richiesta di un Gestore della Crisi presso un Organismo di Composizione della Crisi situato nel circondari del Tribunale di riferimento.

E' un professionista, Commercialista od Avvocato, che valuterà la tua richiesta e analizzerà la tua situazione, svolgendo anche indagini finanziarie.

Le procedure cui accedere sono tre: ne dobbiamo scegliere una, quella coerente con il nostro vissuto e la nostra condizione (privato consumetaore o imprenditore/libero professionista).

Due sono di tipo "ristrutturatorio" ovvero finalizzate ad un accordo (non condiviso con i creditori, quindi imposto, per il consumatore, condiviso obbligatoriamente con i creditori per l'imprenditore) per pagare solo una piccola parte dei  debiti. 

La prima se sei appunto un privato consumatore (ristrutturazione dei debiti) e la seconda se sei un imprenditore (concordato minore) e vuoi cessare la tua attività (concordato liquidatorio) o superare il momento di crisi riducendo i debiti e continuando a esercitare l'attività lavorativa (concordato minore in continuità). .

La terza procedura è invece di tipo liquidatorio ed è quella che di norma i Tribunali utilizzano di piu': alzi le mani e come nel "west" americano metti a disposizione dei tuoi creditori tutto quello che hai, tenendoti solo l'essenziale per poter svolgere una vita basica ma decorosa (ad esempio ti tieni l'auto se ne hai veramente necessità).

Le procedure durano in media tre/cinque anni e se il Tribunale ravvisa la meritevolezza del ricorrente, anche in termini di diligenza nell'assunzione dei debiti o nel rispetto degli obblighi imposti dalla procedura, termina l'iter della procedura decretando l'esdebitazione totale dei debiti residui non pagati.

Commenti

Post popolari in questo blog

Amatori sportivi volontari e lavoratori sportivi nelle ASD e nelle SSD

Uno degli aspetti più rilevanti della riforma del diritto sportivo è proprio l'aspetto giuslavoristico e quello della tutela assicurativa e pensionistica Il 1 settembre 2021 dovrebbe (il condizionale è d'obbligo in Italia) entrare in vigore una parte importante di quella che è considerata una vera e propria riforma della disciplina giuslavoristica e contributiva del lavoro sportivo, sia dilettantistico che professionistico. Scompare, infatti, la distinzione storica professionista/dilettante per introdurre una dicotomia ancora più marcata tra due tipi di nuove figure:  l'operatore sportivo volontario  (che definirei OSV) e  il lavoratore sportivo  (che definirei LS). L'OSV è un  volontario , un soggetto che presta la propria opera nelle ASD senza ricevere, sia in modo diretto che indiretto, alcuna retribuzione o mirare a finalità di lucro. Facciamo però un paio di premesse. Chi sono le ASD e le SSD che applicano la normativa agevolata? Si tratta di  associazioni  (ASD) o

I soci lavoratori e i soci volontari nelle cooperative sociali

  Le cooperative sociali costituiscono una delle forme giuridiche mediante cui viene svolta l' impresa sociale e fanno parte del cosiddetto Terzo Settore. La normativa che le regola deve, quindi, fondersi o integrarsi con quella che disciplina gli Enti del Terzo Settore (ETS) e in particolare l'Impresa Sociale. Le categorie di soci nelle cooperative sociali Nelle cooperative, in generale, sono due le categorie di soci: quelli interessati al rapporto o scambio mutualistico cui è mirata l'attività ( soci cooperatori ) e quelli interessati ad investire nel capitale della coop per ragioni di mero interesse finanziario ( soci finanziatori ). Per entrambi vigono limiti connessi alla figura di socio: per i cooperatori vi sono divieti di ricevere utili o quote delle riserve di patrimonio netto sia durante la vita della cooperativa che in occasione dello scioglimento della stessa, per i finanziatori vigono limiti in sede di potere di voto e di scelte “politiche” all'interno d

Il nuovo regime fiscale delle attività commerciali svolte dalle Associazioni di Promozione Sociale (APS)

  Il 1 gennaio 2022 dovrebbe entrare in vigore il nuovo regime fiscale per le attività commerciali, di carattere secondario rispetto alle attività principali, svolte dagli Enti del Terzo Settore (ETS). Tale regime è stato disciplinato nel Titolo X del Codice del Terzo Settore (Decreto Legislativo numero 117 del 3 luglio 2017). Ho usato il verbo condizionale in quanto l'effettiva entrata in vigore è legata da un lato all'attivazione pratica del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, dall'altro all'autorizzazione necessaria della Commissione dell'Unione Europea, in quanto il regime fiscale disciplina anche l'imposta sul valore aggiunto (IVA), disciplina che va necessariamente armonizzata tra gli stati facenti parti dell'Unione Europea. In questo articolo tratto in modo specifico il nuovo regime fiscale previsto per le Associazioni di Promozione Sociale (APS). CHI SONO LE APS? Le APS sono enti “no profit” cui lo Stato ha da sempre fornito tutele e pri