Passa ai contenuti principali

Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD) e attivita' “borderline”: quando sono considerate commerciali e quando sono detassate

 

Ci sono attività che le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) svolgono per finanziare l'attività principale (in termini di tempo ed energie dedicate), che rimane l'attività sportiva dilettantistica, riconosciuta dal CONI.

Tali attività possono avere un collegamento diretto, palese, con l'attività sportiva mentre altre possono essere “borderline”, con un collegamento in parte o del tutto indiretto: queste ultime attività spesso sono considerate attività commerciali e comportano l'obbligo di dotarsi di partita IVA e di emettere fatture o registrare corrispettivi.

Vorrei, in questo breve articolo, affrontare alcune di queste casistiche concrete, ed illustrare i riferimenti normativi, di prassi o giurisprudenza, ancorchè personali suggerimenti, derivanti dalla esperienza come commercialista.

I DISTRIBUTORI AUTOMATICI NELLE PALESTRE E NEGLI IMPIANTI SPORTIVI

E' una casistica molto frequente: diciamo subito che l'attività in questione è da inquadrare nell'ambito del commercio al dettaglio di bevande ed alimenti.

E' quindi commerciale al 100% ma, a differenza di un distributore automatico situato su strada pubblica o di un negozio di alimentari, è una attività che viene svolta in un luogo privato, non aperto al pubblico.

La premessa è infatti che la palestra o il centro sportivo siano ad esclusivo utilizzo degli associati della ASD ovvero ai tesserati nazionali della medesima federazione nazionale o ente di promozione sportiva.

In questi casi vanno rispettate le normative in materia di igiene e sanità e di sicurezza pubblica ma non occorre avere preposti all'attività con qualifiche professionali e autorizzazioni comunali.

Nella maggior parte dei casi la ASD non gestisce direttamente questo “business” ma stipula un accordo con un soggetto esterno, una ditta o una società, che cura sia il rifornimento che gli incassi: la ASD riceve in questi casi un compenso per la concessione in uso dello spazio.

Attenzione perchè il compenso ha natura commerciale e va fatturato: esiste, infatti, tecnicamente un vero e proprio “sinallagma” contrattuale, al di la della forma del contratto.

Consiglio in ogni caso di stipulare apposito contratto in forma scritta di concessione d'uso e di registrarlo.

LA CESSIONE DEL MATERIALE SPORTIVO O DELLE ATTREZZATURE SPORTIVE AI PROPRI SOCI

Questa attività, molto frequente, è spesso “borderline”.

L'articolo 148 comma 3 del DPR 917/86 (TUIR) sancisce per gli enti di tipo associativo una fondamentale norma di detassazione dei proventi in denaro o in natura ricevuti dai soci: “Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attivita’ svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attivita’ e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonche’ le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati” .

Occorre agire con prudenza nell'applicare questa norma: la Corte di Cassazione sezione tributaria, nel 2008, con la sentenza numero 22739, ha di fatto dato rilevanza non tanto al fatto che la ASD sia iscritta ad una federazione sportiva nazionale (FSN) o ad un ente di promozione sportiva (EPS) quanto al fatto che, nel caso concreto, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano effettivamente corrispondenti ai fini della ASD indicati nello statuto, ovvero ad una attività sportiva che rientri tra quelle riconosciute dal CONI.

Se per attività di servizi ai soci non abbiamo grandi difficoltà nell'inquadramento, con riferimento a quelli direttamente connessi all'attività sportiva, per le cessioni di beni invece dobbiamo spendere due parole.

Il successivo comma 4 dell'articolo 148, infatti, esclude dalla detassazione la cessione di beni nuovi.

Cosa accade quindi?

La ASD non puo' quindi abitualmente e con continuità cedere beni nuovi ai soci, ad esempio materiale sportivo, anche a prezzo di costo, senza aprire una partita IVA e fatturare.

Lo puo' fare solo occasionalmente, massimo 2 o 3 volte all'anno e comunque sempre con prudenza e senza far emergere nel rendiconto consistenti margini di guadagno.

Ci sono alternative che suggerisco, per superare la barriera normativa:

  1. trattare con i fornitori di materiale sportivo comprando a proprio nome (ASD) ma per conto dei soci, facendo arrivare il materiale sportivo direttamente all'indirizzo dei soci: si diventa di fatto un gruppo di acquisto solidale;

  2. acquistare il materiale nuovo e poi noleggiarlo ai soci a titolo gratuito (a titolo oneroso si ricadrebbe nella necessità di fatturare), per poi venderlo come bene usato alla fine della stagione.

Capita anche che la ASD possa cedere le attrezzature sportive ad un socio, ad esempio attrezzi da boxe di una palestra o anche un banco di un bar interno all'impianto sportivo.

Cosa succede in questi casi?

Se l'attrezzatura era usata solo ai fini sportivi (sacco da boxe ad esempio) la cessione al socio è esclusa dal campo IVA ai sensi dell'articolo 4 comma 4 DPR 633/72 e non va fatturata, basta una semplice ricevuta non fiscale.

Se l'attrezzatura invece era usata per l'attività commerciale (banco di bar) allora va regolarmente fatturata.

Un po' piu' complesso il caso dei beni ad uso misto: in questo caso va fatto un calcolo percentuale per individuare cosa è rilevante ai fini IVA e cosa no.

I SERVIZI “BORDERLINE” OFFERTI DALLE ASD SUI BENI E SUI MATERIALI SPORTIVI DESTINATE ALL'ESERCIZIO DELLE ATTIVITA' SPORTIVE RICONOSCIUTE

Su questa tematica possiamo solo rimanere sul generico perchè ogni singolo caso di ASD va affrontato concretamente.

Succede spesso infatti che vengano offerti servizi ai soci connessi al bene necessario all'esercizio dell'attività sportiva: pensiamo, ad esempio, al servizio di custodia delle canoe di un circolo di kayak o di canottieri o al servizio di sciolinatura e manutenzione di sci in un centro di sci di fondo riservato ai soci di una ASD.

Se la ASD chiede 10 euro per la sciolinatura dello sci del socio è da ritenersi commerciale l'entrata?

Piu' che sulla base delle norme, in questo caso la risposta la troviamo nella giurisprudenza: ci sono state sentenze della Commissione Tributaria di Milano (9408/42 del 2016) e Varese (109/01 del 2013) che si sono soffermate sulla “inscindibilità” del servizio praticato al materiale o bene sportivo e l'esercizio dell'attività sportiva della ASD.

La prima attività è funzionale ed indispensabile rispetto alla seconda.

Anche un autorevole intervento di prassi, la Circolare 18/E del 2018, dell'Agenzia delle Entrate, ha ribadito un principio fondamentale nell'ambito del trattamento tributario delle ASD in genere: se il bene o materiale sportivo è tra quelli riconosciuti dalla FSN o EPS. come tipico per quella disciplina, caratteristico ed essenziale all'esercizio dello sport praticato, allora scatta la detassazione del contributo pagato per il servizio richiesto dal socio (nell'esempio i dieci euro per il servizio di sciolinatura).

L'operatore tributario per eccellenza, l'Agenzia delle Entrate, si fonda ancora una volta sul “potere” del CONI, inteso come massima autorità sportiva italiana nel riconoscimento delle singole discipline sportive.

REQUISITI FONDAMENTALI PER LA DETASSAZIONE

Ricordiamoli:

  1. esercizio di attività sportiva riconosciuta dal CONI (esiste un elenco preciso);

  2. democraticità della struttura e statuto in regola con le clausole previste dal DPR 917/86 all'articolo 148 comma 8 e dalla legge numero 289 del 2002, articolo 90;

  3. regolare invio del modello E.A.S. all'Agenzia delle Entrate;

  4. affiliazione ad una FSN o EPS riconosciuto dal CONI.

Commenti

Post popolari in questo blog

Amatori sportivi volontari e lavoratori sportivi nelle ASD e nelle SSD

Uno degli aspetti più rilevanti della riforma del diritto sportivo è proprio l'aspetto giuslavoristico e quello della tutela assicurativa e pensionistica Il 1 settembre 2021 dovrebbe (il condizionale è d'obbligo in Italia) entrare in vigore una parte importante di quella che è considerata una vera e propria riforma della disciplina giuslavoristica e contributiva del lavoro sportivo, sia dilettantistico che professionistico. Scompare, infatti, la distinzione storica professionista/dilettante per introdurre una dicotomia ancora più marcata tra due tipi di nuove figure:  l'operatore sportivo volontario  (che definirei OSV) e  il lavoratore sportivo  (che definirei LS). L'OSV è un  volontario , un soggetto che presta la propria opera nelle ASD senza ricevere, sia in modo diretto che indiretto, alcuna retribuzione o mirare a finalità di lucro. Facciamo però un paio di premesse. Chi sono le ASD e le SSD che applicano la normativa agevolata? Si tratta di  associazioni  (ASD) o

Cancellare i debiti e tornare a vivere

Non è molto diffusa in Italia la conoscenza sulle leggi esistenti che tutelano coloro che si trovano in uno stato in cui il proprio patrimonio personale non è sufficiente a far fronte ai propri debiti, ovvero in uno stato che si puo' definire di "sovraindebitamento". Si tratta di debiti verso società finanziarie per prestiti personali, mutui stipulati con banche ed istituti finanziari, ma anche debiti verso l'Agenzia delle Entrate o l'INPS o enti locali come Comune, Regione, per tasse, contributi e tributi in genere. La prima legge in materia risale al 2012 ma di recente, nel mese di luglio 2022, è entrato in vigore un insieme di leggi in materia di crisi da insolvenza , sia di impresa che personale di persone fisiche, conosciuto come Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (D.Lgs.14/2019). Un intervento organico che non ha del tutto spazzato via però la legge del 2012; un intervento però importantissimo, che ha innovato e, forse, migliorato, tutto

APS, ODV, Enti del Terzo Settore: i limiti alle tariffe ed il mantenimento della qualifica di ente non commerciale

La basilare gratuità delle prestazioni Lo spirito con cui nasce la riforma del Terzo Settore è impregnato del concetto di gratuità delle prestazioni che un tipico ente del Terzo Settore, non impresa, dovrebbe fornire. Le fonti di finanziamento di tali enti, proprio perchè dotati del “bollino” di qualità di iscritto al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, dovrebbero sorgere da finanziamenti pubblici e privati, donazioni, elargizioni. Tuttavia quasi mai queste fonti si rendono sufficienti a coprire costi e spese. Una APS (Associazione di Promozione Sociale) ma anche una ODV (Organizzazione Di Volontariato) spesso devono chiedere contributi specifici a titolo di rimborso delle spese sostenute sia per la cessione di beni che per la prestazione di servizi che non sono considerati “commerciali” ovvero delle attività di interesse generale di cui all'articolo 5 del Codice del Terzo Settore (D.Lgs.117/2017), incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amm