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Associazioni e legge di Bilancio 2021: obbligatoria la partita IVA?


 Non bastavano i tanti mesi in cui si sono dovute limitare le attività associative per i provvedimenti governativi emanati per fronteggiare l'emergenza sanitaria per la diffusione del virus Covid Sars-19: questo anno 2020 sale alla ribalta delle cronache “del mondo del terzo settore e del no profit” per una vera e propria “minaccia” incombente.

Le modifiche sono state introdotte nella legge di Bilancio 2021 sulla spinta di una delle numerose procedure di infrazione sollevate dall'Unione Europea nei confronti del nostro paese: in particolare questa procedura risale al 2010 ed è numerata come 2008.


LE MODIFICHE 2021 ALLA NORMATIVA IVA PER LE ASSOCIAZIONI

Il disegno di legge di Bilancio 2021, in discussione nei rami del Parlamento, prevede in un articolo una norma che, se approvata, andrebbe a modificare sostanzialmente la normativa IVA per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da:

  1. associazioni di interesse pubblico a favore di soci, associati e partecipanti;

  2. organismi senza fini di lucro di carattere generale verso i propri membri;

  3. ASD e SSD per prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport;

  4. enti no profit in genere effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche, incluse quelle per la raccolta di fondi;

  5. associazioni di promozione sociale per somministrazioni di alimenti e bevande ai soci nelle proprie sedi.


DA FUORI CAMPO IVA A ESENTE IVA: NASCE LA NECESSITA' DI EMISSIONE DELLA FATTURA PER TUTTE LE ASSOCIAZIONI

Tecnicamente vengono modificati due articoli della nomativa IVA di base (DPR 633/72): l'articolo 4 quarto comma e l'articolo 10.

Le suddette operazioni erano indicate nell'articolo 4 quarto comma come FUORI DAL CAMPO IVA e, se la norma diventerà legge, verranno indicate nell'articolo 10 mutando la propria natura in ESENTI IVA.

Per il profano non cambia molto: per le cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti dei soci, associati e partecipanti non dovrà essere richiesta l'imposta sul valore aggiunto (IVA).

Per l'esperto invece cambia molto: una operazione considerata ESENTE DA IVA è un'operazione comunque rientrante nel campo di applicazione dell'imposta nel senso che non dovrà essere richiesta l'IVA al socio ma dovranno essere messe in funzione tutta una serie di procedure ed adempimenti previsti dalla legge in capo all'associazione, anche per quelle che prima operavano solo con il codice fiscale.


I NUOVI ADEMPIMENTI AI FINI IVA DEL 2021 PREVISTI PER TUTTE LE ASSOCIAZIONI, ANCHE QUELLE OPERANTI CON IL SOLO CODICE FISCALE

Questi gli adempimenti:

  1. aprire partita IVA presso l'Agenzia delle Entrate;

  2. emettere fattura ESENTE IVA per tutte le operazioni di cessione beni e prestazione di servizi effettuate verso i propri soci, associati, partecipanti;

  3. registrare le fatture in appositi registri;

  4. valutare se le fatture emesse rientrino o meno (a seconda della tipologia di associazione) nell'esenzione dal pagamento delle imposte dirette e IRAP;

  5. presentazione di dichiarazioni dei redditi, IRAP ed eventualmente IVA.

Se tutto questo diventerà obbligatorio inutile nascondere che sarà consigliato rivolgersi ad un commercialista specializzato nella materia.


I NUOVI ADEMPIMENTI AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE E IRAP DEL 2021 PREVISTI PER TUTTE LE ASSOCIAZIONI, ANCHE QUELLE OPERANTI CON IL SOLO CODICE FISCALE

Emettere una fattura per i servizi o i beni ESENTE IVA non significa in via automatica che la stessa preveda che i corrispettivi fatturati debbano essere assogettati ad imposizione diretta e all'IRAP.

In tal senso la nuova normativa, applicabile anche per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona, non dovrebbe intaccare i benefici arrecati dalla legge all'articolo 148 comma 3 del Testo Unico Imposte Redditi (DPR 917/86).

Questo articolo infatti pattuisce che: “Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, nonché per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati".

Il comma 4 poi, per chiarezza, esclude dai benefici di cui al comma 3 le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, le somministrazioni di pasti, le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali e le prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività:

  1. gestione di spacci aziendali e di mense;

  2. organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;

  3. gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;

  4. pubblicità commerciale;

  5. telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.

I benefici dell'articolo 148 non saranno applicabili agli enti che sono entrati a far parte del Terzo Settore, mediante l'iscrizione al Registro Unico Nazionale, in quanto per essi varrà la disciplina fiscale prevista dal decreto che norma gli ETS (Enti Terzo Settore) che già prevedeva la commercialità delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi agli associati e partecipanti, eccetto che per le associazioni di promozione sociale (tale tipologia di associazione obbligatoriamente dovrà divenire un ETS iscritta al Registro).

Per esse dovrebbe continuare ad applicarsi la non imponibilità ai fini reddituali dei corrispettivi.


COSA ACCADE PER GLI ENTI NO PROFIT RESIDUALI?

Se per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona abbiamo visto che non ci si dovrebbe trovare di fornte a nuovi imponibili fiscali per le altre tipologie residuali di enti no profit il discorso è diverso.

Il fatto che il corrispettivo rientri nell'alveo del CAMPO DI APPLICAZIONE DELL'IVA, seppur trattandosi sempre di operazioni ESENTI, comporterebbe la tassazione dei corrispettivi fatturati ai soci, associati e partecipanti.

Il rischio, per questi enti è, quindi, quello di diventare di fatto Enti commerciali in quanto saranno preponderanti le operazioni considerate commerciali, rispetto alle altre.

La definizione di Ente commerciale non preclude, però, il mantenimento dell'iscrizione al RUNTS (Registro Unico Nazionale Terzo Settore) per gli Enti del Terzo Settore (ETS) come ad esempio le ex ONLUS, le associazioni di mutuo soccorso ecc.....bensì solo l'applicazione delle normative agevolative in materia.


IL DUBBIO PER LE SSD

Infine si sta dibattendo sulla futura disciplina delle Società Sportive Dilettantistiche (S.S.D.) a responsabilità limitata.

Per esse la legge 289 del 2002 articolo 90 comma 1 aveva reso applicabile la disciplina tributaria delle A.S.D. pertanto si dovrebbe rendere applicabile l'esenzione da IVA anche per questa tipologia di enti in relazione alle cessioni di beni e prestazioni di servizi eseguite nei confronti di associati e partecipanti all'attività sportiva dilettantistica.

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